domenica 5 dicembre 2010

Da lontano

Piccola nota: come vi ho già annnunciato nel post precedente, questo è un breve racconto che ho scritto nell'ambito di un laboratorio di scrittura creativa al master che sto frequentando. Parla del motivo per cui amo la pasticceria e la fotografia e del perchè queste due passioni hanno preso forma a Vienna. Seguono alcuni degli scatti che ho fatto durante i miei sei mesi austriaci... spero vi piacciano sia il racconto che le foto! Enjoy!


Il colore esplose d’improvviso e la sorprese come una giostra di cavalli fa con un bambino. Sembrava che quella singola vetrina potesse attenuare tutto il grigiore che negli ultimi tempi la circondava. Da un po’ viveva nella città del Nord senza balconi. Tutto le sembrava strano: sulla strada si incrociavano fra il fango e la neve passi frettolosi di persone spente. E il grigio imperava sulle facciate dei palazzi d’ottocento, nella foschia del mattino, nella metro delle ore di punta, nel fiume gelato. La sorprendeva in particolare l’assenza di balconi: era come se i palazzi avessero solo piccoli occhietti semichiusi, dai quali indovinare filtrati dalle tende volti sfuggenti, luci fioche, opaco riflesso di vite spiate e immaginate. Il loro era un mondo di dentro, per lei la normalità era vivere fuori.

Lo straniamento aveva sortito però uno strano effetto: si sentiva talmente lontana che l’unico modo per confrontarsi con il grigiore era attraverso una lente fotografica. Il suo essere fuori, il suo sentirsi troppo lontana, le permettevano di guardare la vita dall’alto e così comunicava la sua distanza in immagini. Faceva soltanto questo dal mattino a notte fonda. E le settimane passavano e lei le guadava scorrere in foto. Poi una vetrina sul corso alla moda della grigia città del Nord inondò il pomeriggio di colore.

Fu una pasticceria, niente di più semplice. Vedeva affollarsi stratificazioni morbide dai colori pastello, e si amalgamavano a biscuit teneri dai toni della terra. La durezza del cioccolato incontrava la dolcezza della confettura e tutto ciò che prima le era sembrato spigoloso prese d’improvviso a smussarsi gli angoli. Prima reazione: scattare. Ma stranamente la magia non funzionava. E allora provava ancora, ma niente. Poi capì che da quel colore si sentiva pervasa, che i cubetti rosa glassati, le grandi e maestose torte a strati multicolori, e quelle scure austere, le praline, i croissant avevano magicamente ridotto le distanze tra lei e il mondo. Ancora presa da una sensazione mista di incredulità, euforia, emozione, disappunto (per il suo mancato scatto), la colse però un dubbio: come potevano le persone spente, i cui passi si affollano fra fango e neve lungo le strade, essere artefici di prodigi simili? Si immaginava piccole fate dai bei grembiuli e dalle morbide cuffie armeggiare in cucina intorno ad una Biedermeiertorte: vide una fatina dalle guance paffute preparare un biscuit fondant, e altre più ariose lavorare un albume d’uovo e lo zucchero a velo per una mousse meringata alle noci. Ancora le parve di sentire l’odore del mirtillo quando pensò ad un’ennesima fatina che ne faceva confettura. E ancora altre impegnate tra un pralinè ed un Baumkuchen. Pensava che non esistesse cosa più bella che stratificare colori e sapori.

E così entrò. Ai colori si aggiunsero i profumi sontuosi del burro, quelli vellutati della meringa e avvolgenti della crema chantilly, altri confortanti del cioccolato ed energici alla frutta. La vaniglia e la cannella le investivano i capelli a folate e ovunque guardasse vedeva stratificazioni di dolcezza, glassature pastello ed austero fondente. L’attenzione cadde sulla fetta scura al cioccolato, lucida in superficie: era una torta che aveva già visto, già mangiato, ma acquisiva in quel contesto una luce particolare. Scura come la città che la ospitava, dura e lucida come il ghiaccio che attanagliava il fiume, lasciava intravedere qualcosa che nell’aria grigia non aveva finora notato. Quello della fetta di torta era un mondo di dentro: la confettura di albicocca e l’impasto al cioccolato le ricordavano i volti che continuamente spiava e indovinava attraverso le finestre, raggiungeva in un colpo solo l’intimità che da settimane disperatamente cercava. Era un viaggio tra la gente, tra i palazzi imperiali, tra le strade innevate, al profumo di cioccolato fondente e albicocca.

Al tramonto, sul vecchio fiume, osservando il mondo da lontano lei continuava a scattare. Poi sazia del suo stare di vedetta, furtivamente (come fosse un segreto tra lei e la città) assaggiava la torta scura dal cuore viennese che la riportava al mondo.







p.s. Sarebbe stato facile mettere in questo piccolo photostream una foto di una Sachertorte (perchè tutti avrete capito che della Sacher si tratta), ma ho volutamente evitato... è ancora un segreto tra me e la città.

3 commenti:

  1. Mi è piaciuto molto il tuo racconto. Io a Vienna ci abito da anni ed ancora non riesco a comprenderla del tutto...bellissime le foto!
    Buona settimana

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  2. Bellissimo il tuo racconto, si lascia vedere con gli occhi, mi piace moltissimo il tuo stile!
    Un abbraccio e tanti auguri di uno splendido 2011!
    Buon Anno
    Sabrina&Luca

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